La capanna dello zio Tom. ed. Integrale by Harriet Beecher Stowe

La capanna dello zio Tom. ed. Integrale by Harriet Beecher Stowe

autore:Harriet Beecher Stowe [Stowe, Harriet Beecher]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Classics, Literary
ISBN: 9788828100041
Google: AapSDwAAQBAJ
editore: E-text
pubblicato: 2018-03-01T08:39:58.893000+00:00


Topsy

Una mattina, mentre la signorina Ophelia era occupata in una delle sue faccende domestiche, si udì in fondo alla scala la voce di St. Clare che la chiamava.

«Vieni giù, cugina mia: ho qualcosa da farti vedere.»

«Che c’è?» chiese la signorina scendendo col suo cucito in mano.

«Ho fatto un acquisto per il tuo dipartimento, guarda qua» disse St. Clare spingendo avanti una piccola negra di otto o nove anni circa.

Era costei una delle più nere della sua razza. I suoi occhi rotondi e luccicanti come perle di vetro roteavano rapidi e spiritati posandosi su tutti gli oggetti della stanza; le labbra, dischiuse dallo stupore alla vista di tante meraviglie nel salotto del nuovo padrone, scoprivano una fila di denti bianchi e brillanti; i capelli crespi erano intrecciati in una quantità di codini che sporgevano da tutte le parti. L’espressione del suo viso era una curiosa mescolanza di scaltrezza e di malignità, su cui era stranamente calata, come un velo, un’aria di grave, solenne malinconia. Portava addosso soltanto una sudicia e lacera festicciola di tela di sacco, e stava lì con le mani compostamente incrociate. Nell’insieme, c’era qualcosa di strano e di fantastico nel suo aspetto, qualcosa, come ebbe poi a dire Ophelia, di così “pagano”, da ispirare un vero terrore. Rivolgendosi a St. Clare ella disse perciò:

«Augustine, che ti è venuto in mente! Perché hai portato qui questa cosa?»

«Perché tu possa allevarla, e indirizzarla per la via della virtù. Mi è sembrato un buffo esemplare di Cornacchia. Qua, Topsy» aggiunse fischiando come per chiamare un cane, «facci sentire una canzoncina e facci vedere come sai ballare.»

I neri occhi lucenti balenarono di una specie di maliziosa buffoneria e la “cosa” intonò, con voce chiara e acuta, una strana melodia negra, segnando il tempo con le mani e coi piedi, roteando, battendo le palme, picchiando le ginocchia una contro l’altra con ritmo selvaggio e fantastico, e cavando dalla gola quegli strani suoni gutturali che distinguono la musica della sua razza; e finalmente, spiccati un paio di salti mortali e lanciata una prolungata nota finale, strana e inumana come il fischio di una vaporiera, piombò sul tappeto e vi rimase con le mani incrociate e un’untuosa espressione di rassegnazione e di gravità sul viso, smentita soltanto dagli sguardi furbeschi dardeggiati qua e là con la coda dell’occhio. La signorina Ophelia era rimasta in silenzio, impietrita dallo stupore.

Dal quel malizioso personaggio che era, St. Clare sembrò divertirsi un mondo del suo sbigottimento; e volgendosi alla bambina disse: «Topsy, questa è la tua nuova padrona. Ti affido a lei: bada di comportarti bene.»

«Sì, padrone» disse Topsy con un’aria di santarellina, e un lampo maligno negli occhi.

«Devi esser buona, Topsy, siamo intesi?» insisté St. Clare.

«Oh sì, padrone» ripeté Topsy con un altro lampo negli occhi, e le mani sempre devotamente giunte.

«Ma insomma, Augustine, che vuol dire ciò?» disse la signorina Ophelia. «La tua casa è così piena di questi piccoli malanni, che non si può quasi posare il piede per terra senza calpestarli. Mi alzo la mattina



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